CHI SIAMO

UPV è un movimento politico-culturale che ha l’obiettivo di creare una sintesi tra ideali socialisti, difesa dell’Identità Nazionale Veneta e lotta per l’autodeterminazione dei Territori Veneti. Il nostro scopo è diffondere il Venetismo nella sinistra e la sinistra nel Venetismo, in modo da portare alla costituzione di una SINISTRA VENETA INDIPENDENTISTA E IDENTITARIA.

martedì 28 febbraio 2012

IL TERRITORIO APPARTIENE A CHI CI VIVE

Fino a qualche tempo fa la maggiorparte della gente non sapeva nemmeno dove fosse la Val di Susa, ma oggi, con le manifestazioni sempre più dure contro il passaggio del Treno ad Alta Velocità, questa valle è diventata un simbolo per tutti coloro che si battono in difesa del territorio. E non si tratta solamente di pur importanti rivendica­zioni ambientaliste, in gioco c’è soprattutto il diritto della popolazione a decidere come gestire la propria terra. In parole povere, la lotta dei valsusini contro la TAV è la lotta contro uno stato lontano e autoritario che vuole imporre la propria volontà ‘manu militari’.
Si è già detto molto sull’inutilità di un nuovo tracciato ferroviario in luogo di quello preesistente e sugli sprechi (ovvero la solita mangiatoia italiana) a cui si presterà l’opera, così come sono noti gli effetti disastrosi che avranno gli scavi dei tunnel at­traverso montagne nelle quali sono presenti in abbondanti quantità amianto e radon. Perciò preferiamo soffermarci sul significato civile di questa protesta. In Val di Susa si è mobilitata l’intera comunità, in strada sono scesi sindaci, famiglie, pensionati, la­voratori e studenti, tutti determinati a salvare la propria terra, anche a costo di sfidare gli apparati repressivi dello stato, ed è questo che spaventa l’establishment italiota. Questa è una ribellione che va al di là del luddismo dei cosidetti ‘black block’ e oltre la ricerca di visibilità da parte di gruppi più o meno antagonisti, in Piemonte è stato un popolo intero a mettere in discussione l’autorità dello stato. Un messaggio che, se raccolto anche altrove, potrebbe essere l’inizio della fine per il traballante baraccone tricolore e la sua arrogante ed ingorda classe dirigente, da qui si capisce la particolare attenzione che i sopracitati apparati repressivi pongono alla questione.

In Val di Susa si gioca una partita decisiva, se lo stato perde lì, perderà ovunque. Se passa nella valle, prima o poi toccherà a qualcun altro subire lo scempio del proprio territorio in nome dei ‘maggiori interessi nazionali’.
Ma in tutto questo bailamme che posizione hanno preso i verdi difensori dell’autodeterminazione, i celtici paladini del ‘paroni a caxa nostra’? Ebbene, i pa­dani, attraverso l’ex ministro dell’interno Maroni, hanno agito come il braccio armato del più bieco e autoritario centralismo statale, inviando frotte di poliziotti, carabinieri e finanzieri (italiani) per tenere a bada la legittima incazzatura della popolazione lo­cale.

Ma come? Per i valsusini non vale il ‘paroni a caxa nostra’? La Val di Susa non si trova forse nel tolkeniano Regno di Padania? Chi ha abbastanza buon senso può be­nissimo rispondersi da solo…
Per concludere, chiunque si ritenga realmente indipendentista o autonomista ha il do­vere di solidarizzare moralmente e fisicamente con la lotta anti Tav, voltarsi dall’altra parte o seguire come scimmie ammaestrate i deliri legalitari dei ras padani sarebbe puro autolesionismo

Unità Popolare Veneta
Comitato direttivo 

venerdì 17 febbraio 2012

FASCISMO E INDIPENDENTISMO, DUE MONDI INCONCILIABILI

Che fascismo e indipendentismo non “c’azzeccano”, come direbbe Di Pietro, do­vrebbe essere palese, ma essendo parte dell’italico stivale non bisogna dare nulla per scontato.
Prendiamo spunto da un episodio avvenuto di recente a Treviso, dove il solito prosin­daco Gentilini ha fatto da guest star in una cena organizzata da ex soci di Veneto Stato, espulsi dal partito alla fine del 2011. Qui il buon Genty si è lasciato andare alla consueta rivendicazione del suo profondo legame con gli ideali fascisti, non man­cando di rimpiangere manganelli e olio di ricino , fra risate e applausi degli astanti.
‘Dov’è la novità?’ Si chiederà qualcuno. Le idee nostalgiche del vegliardo italo-pa­dano sono note, cosi come la tendenza della Lega ad imbarcare gli scarti dell’estrema destra italiana. Quello che fa riflettere è il contesto, infatti gli organizzatori della cena, pur essendo stati cacciati da Veneto Stato, continuano a ritenersi membri attivi del partito, alcuni addirittura con cariche direttive. Quindi a tutti gli effetti indipen­dentisti!
A questo punto sarà opportuno ricordare ciò che i principali regimi fascisti hanno combinato in tema di autonomie territoriali.
Il fascismo italiano ha dato vita a sanguinose guerre coloniali contro i popoli africani non ancora succubi di altre potenze europee, ha poi raso al suolo le autonomie comu­nali, sostituendo i sindaci con podestà nominati dal regime. Inoltre Mussolini è an­dato più vicino di tutti  gli altri “statisti” italiani nell’impresa di livellare a zero le va­rie identità territoriali presenti nello stivale, omologando tutti i popoli alla dottrina fa­scista attraverso il famigerato Ministero della Cultura Popolare (Min.cul.pop).
Durante la sua permanenza al potere il nazismo tedesco ha soppresso i Lander, ov­vero gli eredi degli stati tedeschi che il secolo prima avevano dato vita alla federa­zione germanica, cancellando ogni loro potere legislativo e amministrativo e riducen­doli a territori controllati direttamente da Berlino attraverso dei governatori catapul­tati direttamente dal Reichstag.
Una delle prime mosse del regime franchista spagnolo dopo la fine della guerra civile fu la soppressione delle autonomie regionali, soprattutto quelle in vigore nei Paesi Baschi e in Catalogna. Il passo successivo fu il divieto di utilizzare le lingue locali, anche scrivere un volantino in una lingua che non fosse il castigliano era considerato reato. Inoltre vennero proibite le bandiere e i simboli identitari dei vari territori ibe­rici.
Assodata quindi l’inconciliabilità tra fascismo e libertà dei popoli, il fatto di vedere persone che si definiscono indipendentiste applaudire un tizio che inneggia al venten­nio non è fastidioso o preoccupante… è semplicemente assurdo! 
Per correttezza non ci siamo mai immischiati nelle vicende di Veneto Stato, ma la vi­sta di simili scene ci fa pensare che il partito abbia fatto una mossa sensata nel dare una ripulita al suo interno. Il vero indipendentismo veneto ne uscirà più rafforzato e più sano.  

Unità Popolare Veneta
Comitato Direttivo 

mercoledì 1 febbraio 2012

UPV OSPITE DI VENETO STATO

Di seguito l'intervento del portavoce di Unità Popolare Veneta al congresso di Veneto Stato, tenutosi il 22/01/2012 a Vicenza.


Inizio questo intervento ringraziando Veneto Stato per l’invito a parteci­pare al pro­prio congresso, un fatto molto importante, tenendo conto delle nostre diverse impo­stazioni ideologiche.
Importante, in quanto noi di UPV riteniamo che sia necessario unire i movimenti indipendentisti in un fronte trasversale alla politica e alla società, perché la lotta per l’autodeterminazione delle Venezie non può interessare un solo schiera­mento politico, o una sola categoria sociale.

Credo che tutti noi siamo consapevoli del fatto che il declino dello stato italiano è ir­reversibile e che l’indipendenza sarà l’unica via di salvezza per i territori del nord est. Purtroppo, però, la maggiorparte dei nostri compa­trioti ancora non se ne rende conto e continua ad affidare ai politici filoita­liani la propria rappresentanza e il proprio futuro.

Altri ancora si ostinano a confidare in un partito che, in mancanza di ri­scontri reali al proprio operato, non ha saputo fare altro che rifugiarsi in una nazione inventata e nei suoi miti ‘fantasy’. Per questo i movimenti co­sidetti ‘venetisti’ devono collaborare tra loro per diffondere il verbo sepa­ratista in tutti i settori della società e per promuovere la nostra identità na­zionale ad ogni livello, alla faccia dei continui tentativi di omolo­gazione culturale operati dagli italianisti.

La nostra priorità deve essere risvegliare il popolo veneto, togliergli l’ovatta tricolore dalle orecchie, levargli le fette di salame padano dagli occhi. Perché, se è vero che le rivoluzioni partono dalle avanguardie, è al­trettanto certo che senza l’appoggio del popolo esse non si compiono. Il momento è favorevole, lasciarcelo sfuggire sarebbe criminale.
Pericolo tutt’altro che remoto, visto che negli ultimi anni abbiamo assistito alla dis­soluzione di tutti i movimenti indipendentisti nati dalla rabbia e dalla delu­sione dei veneti. Dissoluzione dovuta soprattutto a personalismi di gente interessata principalmente al proprio piccolo tornaconto, gente per cui la proprietà è più importante dell’individuo e quindi del popolo.
Noi come UPV siamo pronti, da sinistra, a fare la nostra parte per la pa­tria… quella vera, naturlamente.

Dobbiamo altresì volgere il nostro sguardo anche oltre i confini del nostro territorio. In molte parti dello stivale si vivono fermenti separatisti, nuovi movimenti di libera­zione stanno nascendo a fianco di quelli storici di Sar­degna e Sud Tirolo. Pensate a cosa è successo negli ultimi giorni in Sicilia. I siciliani hanno capito che quando ci si confronta con lo stato italiano bi­sogna fare la faccia cattiva, non come certi governa­tori, i quali, quando vanno a Roma per elemosinare fondi che gli spettano di diritto, sembrano Oliver Twist che chiede al suo padrone “Per favore, mi dà dell’altra zuppa?” e in risposta riceve solo bastonate!
Con questi movimenti dobbiamo dialogare e collaborare, in quanto, a pre­scindere dalla latitudine, abbiamo lo stesso obiettivo: la fine della dittatura unitaria!

Importanti sono anche i contatti col resto d’Europa, soprattutto con quelle realtà sto­ricamente impegnate nelle lotte per l’autodeterminazione dei pro­pri territori, che poco o nulla sanno della nostra situazione e a cui viene fatto credere che in Veneto esiste solo la Lega.
Il Veneto deve entrare ne­cessariamente in quella che potremo chiamare l’Internazionale Indipen­dentista, visto che storicamente la maggiorparte dei movimenti di libera­zione nazionale sono di ispirazione socialista. Se così non fosse, in tutta Europa il Leone Marciano conti­nuerà ad essere associato ai padani e ai loro deliri. Per non parlare dell’importanza della solidarietà tra popoli in lotta, che, anche a distanza di migliaia di chilometri, può far sentire tutto il suo peso. 

Concludo lanciando un monito: lo stato italiano è un pachiderma mori­bondo, ma sono in molti, per interesse, ideologia o semplicemente per mera ottusità, a non volersi ras­segnare alla sua fine. Più la nostra marcia verso la libertà diventerà travolgente, più questa feccia collaborazionista ci attaccherà a tutti i livelli. Verrà il momento in cui non potremo più per­metterci di andare troppo per il sottile, verrà il momento in cui dovremo andare oltre le regole imposte dallo stato italiano. Sarà opportuno che ciò venga tenuto bene in considerazione, da tutti.