Come molti altri veneti il primo fine settimana di settembre ero a Cittadella per la nostra Festa. Lì, nonostante il tempo perfido e i patetici tentativi di boicottaggio da parte di gruppuscoli nazionalisti italiani, ho trovato una moltitudine di realtà, a volte molto diverse tra loro. In nessun altro posto, tranne forse la gradinata di uno stadio, avrebbero potuto convivere tendenze politiche e culturali così eterogenee, per questo motivo mi sono chiesto: Perché siamo qui? Siamo andati a Cittadella per fare ‘festa’? Si, certo. Ci siamo andati per vedere l’alzabandiera? Anche. Eravamo lì per fare un dispetto alla destra nazionalista e alla sinistra non meno sciovinista e antiveneta, tanto che spesso non si riesce a distiguerle? Sicuramente si! Ma alla fine mi sono convinto che la risposta esatta era: Siamo qui per acquisire consapevolezza. Perché la consapevolezza è un’arma! La consapevolezza della propria situazione ha come diretta conseguenza il raggiungimento della determinazione necessaria a cambiarla, perché senza determinazione non c’è lotta, una persona determinata può vincere anche le battaglie più difficili, un popolo determinato può fare qualsiasi cosa, magari anche la rivoluzione!
Prima di tutto bisogna sapere di essere un popolo, e qui la strada si fa in salita. Da 150 anni, infatti, le istituzioni dello stato italiano stanno operando un sistematico tentativo di livellamento culturale in tutto lo stivale: per creare ciò che non c’è mai stato ci insegnano che esiste una ‘nazione’ Italia, un ‘popolo’ italiano, una ‘identità’ italiana. Tutte stronzate! Esiste una Repubblica Italiana che non è mai stata e non sarà mai una Nazione, perché sotto il suo tallone languono i POPOLI ITALIANI, ognuno con la sua cultura e la sua identità, forgiate in secoli storie diversissime tra loro. Basti pensare che solo nel nord convivevano una repubblica oligarchica (Venezia), una monarchia liberale (i Savoia) e un ducato (Milano), se poi scendiamo verso sud troviamo altri granducati (Toscana ed Emilia) , una teocrazia (lo Stato Pontificio) e una monarchia di stampo parafeudale (i Borbone). Anche a livello di influenze esterne la differenza è abissale: se il nord est è sempre stato una cerniera tra popoli slavi, latini e germanici, il nord ovest ha risentito fortemente della vicinanza alla Francia, mentre il centro Italia ha subito la cristallizzazione socio-culturale tipica delle teocrazie. Nel sud, infine, la popolazione ha adottato la mentalità levantina tipica dei territori mediterranei.
Noi dobbiamo acquisire quindi la consapevolezza che esiste un Popolo Veneto diverso dagli altri, non superiore o inferiore, semplicemente ‘diverso’ per storia, cultura e lingua. Una storia che ci racconta di un popolo fiero e legato alla sua autonomia, conservata, unico territorio in Italia, anche in epoca romana. Una cultura raccontata da opere letterarie e teatrali, da poesie e canzoni, una cultura che ha affascinato personaggi del calibro di Shakespeare. Una koinè linguistica che, nelle varie parlate, è diffusa dal Trentino alla Dalmazia. Esiste inoltre un territorio ben definito in cui i veneti hanno vissuto da 3000 anni a questa parte. Da sempre un popolo e il suo territorio vengono definiti ‘nazione’, esiste quindi una NAZIONE VENETA! Per questo eravamo a Cittadella.
Questa consapevolezza non va solo acquisita, va anche diffusa come un virus tra amici, colleghi di lavoro, familiari. Questa consapevolezza vale più dei fantomatici fucili di Bossi, più delle istituzioni repressive dello stato, più della retorica nazionalista legata alle celebrazioni della finta unità d’Italia. Questa consapevolezza sarà l’arma con cui ci apriremo la strada verso la libertà.
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