CHI SIAMO

UPV è un movimento politico-culturale che ha l’obiettivo di creare una sintesi tra ideali socialisti, difesa dell’Identità Nazionale Veneta e lotta per l’autodeterminazione dei Territori Veneti. Il nostro scopo è diffondere il Venetismo nella sinistra e la sinistra nel Venetismo, in modo da portare alla costituzione di una SINISTRA VENETA INDIPENDENTISTA E IDENTITARIA.

lunedì 30 agosto 2010

DIFFONDERE INDIPENDENZA

Soprattutto negli ultimi anni si è fatto un gran parlare di autodeterminazione, autonomismo, indipendentismo (il federalismo nemmeno lo calcolo perchè non ci sarà mai), il problema è che questi argomenti coinvolgono una minoranza di veneti, in crescita e rumorosa, ma pur sempre una minoranza. Purtroppo 150 anni di italia hanno creato un popolo apatico e rassegnato, se non addirittura complice dei propri vessatori, una sorta di 'Sindrome di Stoccolma' applicata a una intera nazione (quella Veneta, naturalmente).

E' triste sentire ragazzi di 25-30 anni che ti dicono "Così vanno le cose, bisogna mettersela via", ancora più triste è vedere certi personaggi la cui massima aspirazione è quella di non battere più lo scontrino fiscale. Se i primi sono rassegnati all'inferno, il paradiso dei secondi è a dieci centimetri da terra.
A queste persone bisogna far ritrovare l'orgoglio e la dignità, la capacità di sognare e la volontà di combattere per realizzare i propri sogni, i veneti vanno motivati e indirizzati sulla via della LIBERTA', quella vera, che solo la fine del colonialismo italiano può dare.
Ci sono poi gli italianisti, quelli per interesse e quelli per abitudine. Dei primi fanno parte quasi tutti i politici degli attuali partiti, che sullo status quo hanno fondato e costruito le loro fortune. Gente che per un briciolo di ben remunerato potere ha tradito la propria terra e la propria gente, diventando politicamente il cane da guardia dello stato. A questi personaggi non auguriamoo di finire appesi per i piedi a un distributore di benzina (non che ci dispiacerebbe...), ci basterebbe essere presenti quando non conteranno più un cazzo e dovranno percorrere in tutta fretta la via per Hammamet.
Gli altri italianisti sono frutto di decenni di retorica patriottarda somministrata quotidianamente in dosi da cavallo da scuola, politica e media. Nonostante siano figli di una terra bistrattata, venduta (Istria e Dalmazia) e depredata dallo stato italiano, appena sentono le prime note di 'Fardelli d'italia' scattano sull'attenti e, con mano sul cuore e occhio umido, cantano a voce alta tutta la tiritera. Solitamente si tratta del tipico nazionalismo cialtrone di quelli che non vedono l'ora che la nazionale italiana di calcio vinca qualcosa per fiondarsi in strada a strombazzare col loro bravo tricolore fuori dal finestrino. Più che un sentimento è un'abitudine e per questo più deleteria, perchè il sentimento è quasi sempre motivato e quando non ci sono più le motivazioni il sentimento si affievolisce fino a sparire, le abitudini invece sono dure a morire.
Gli italianisti per abitudine sono più difficili da convincere rispetto agli interessati, perchè potete star sicuri che i secondi quando i loro interessi non coincideranno più con quelli dell'italia diventeranno i più fervidi venetisti. Gli abitudinari invece vivrebbero ogni cambiamento come un attentato alle loro piccole patetiche sicurezze.
Questa purtroppo è la situazione, la maggioranza dei veneti è costituita da apatici, rassegnati, opportunisti e traviati. Portare il venetismo tra i veneti è il primo passo verso l'autodeterminazione, liberare il popolo da 150 anni di propaganda e abbruttimento è una tappa inevitabile del cammino verso l'indipendenza dei nostri territori.

giovedì 26 agosto 2010

EUSKADI 2010

La Nazione Basca, ovvero Heuskal Herria-Euskadi, è da sempre un punto di riferimento per la maggiorparte degli indipendentisti europei e non solo. La durezza dello scontro con lo stato post(?)-franchista spagnolo, la determinazione del popolo basco nel difendere la propria identità e la riuscita di una non facile sintesi tra territorialismo e socialismo operata dalla sinistra ‘abertzale’ (patriottica), hanno dato alla ‘Questione Basca’ un’aurea mitica pari a quella della ‘Questione Nordirlandese’ e fatto inevitabilmente salire, anno dopo anno, l’interesse verso ciò che succede in questa parte d’Europa.
Negli ultimi anni le notizie da Euskal Herria arrivano col contagocce e quasi sempre a senso unico, dando l’idea di una raggiunta normalizzazione, salvo poi fare i conti con qualche ‘botto’ da parte di E.T.A., organizzazione data per morta almeno una mezza dozzina di volte negli ultimi 15 anni. La messa fuorilegge dei partiti della sinistra indipendentista, in base a una legge dello stato spagnolo che fa carta straccia della libertà di espressione, e di ogni organizzazione che sia collegabile all’indipendentismo radicale è stata fatta passare come la pietra tombale su ogni rivendicazione separatista. Ondate di arresti in base a reati d’opinione sono avvenuti nel silenzio più totale dei maggiori organi di informazione internazionali (soprattutto italioti). Per finire, la vittoria alle elezioni regionali di una alleanza spuria tra popolari e socialisti (dovuta principalmente alla sopracitata messa al bando della sinistra e al relativo astensionismo) è sembrata la ciliegina sulla torta di questa ‘normalizzazione’ manu militari.
Recentemente abbiamo avuto l’occasione di passare alcuni giorni nelle province basche dell’Hegoalde (il sud attualmente sotto occupazione spagnola), abbiamo così visto di persona cosa succede da quelle parti. Naturalmente non si tratta di un resoconto esaustivo e completo della complicata situazione basca, ma di ciò che abbiamo toccato con mano nel nostro breve viaggio.
Tanto per cominciare, i sentimenti indipendentisti dei baschi non sono stati sepolti ne dall’onda della repressione selvaggia, ne dalla campagna spagnolizzatrice dei media. Soprattutto nei quartieri centrali delle città si vedono ikurrinas (la bandiera nazionale basca) appese sia fuori dai locali pubblici che dalle finestre delle case, molti anche gli stendardi che chiedono il trasferimento dei prigionieri politici baschi nelle prigioni locali (alcuni sono reclusi a più di mille chilometri dalla loro patria!) e quasi in ogni bar ci sono le foto dei prigionieri politici della zona rinchiusi nelle carceri spagnole. Dopo la chiusura delle sedi politiche di Batasuna (il principale partito della sinistra abertzale), sono proprio le taverne i nuovi circoli indipendentisti, in molti locali sono in vendita materiali propagandistici delle poche organizzazioni ancora legali e l’aria che si respira odora di resistenza attiva. Un’altra bufala mass-mediatica riguarda il presunto isolamento dei movimenti radicali, in realtà la solidarietà nei confronti dei movimenti patriottici e dei loro prigionieri è molto diffusa tra il popolo. Siamo stati presenti alle feste popolari di Bilbo e Donostia (i nomi baschi di Bilbao e San Sebastian) e quasi in ogni stand c’erano evidenti riferimenti ai partiti messi fuorilegge, in alcuni casi sui banconi erano attaccati adesivi inneggianti a E.T.A. e quasi ovunque erano presenti le foto dei prigionieri politici, che comparivano anche su maglie e foulard indossati da famiglie intere, mentre sui muri di molti palazzi erano stati affissi striscioni inneggianti all’indipendenza. Se questo è isolamento!
Sul fronte delle attività politiche abbiamo notato una notevole vivacità, il giorno in cui siamo arrivati a Donostia c’è stata una manifestazione non autorizzata chiamata ‘L’abbordaggio di Donostia’, circa tremila manifestanti sono arrivati a bordo di decine di barche ‘pirata’ nel vecchio porto della città per poi sfilare nelle calli del centro storico chiedendo il diritto all’autodeterminazione, in serata la maggiorparte dei locali pubblici esibivano all’entrata bandiere nere da corsaro in segno di appoggio. Qualche giorno prima un’altra manifestazione era sfociata in pesanti scontri con la polizia autonoma (da quelle parti la Guardia Civil e la polizia di stato se ne stanno chiuse nelle loro caserme) e la sera della nostra partenza era prevista un’altra manifestazione ‘abertzale’nella via principale della città. Il tutto in una settimana!
Anche culturalmente i baschi non cedono, il bilinguismo delle città principali diventa monolinguismo in provincia, dove tutto è scritto solamente in euskera (la lingua basca). Oltre alle persone di una certa età anche molti giovani stanno imparando a esprimersi in euskera, grazie ad un insegnamento della lingua sempre più capillare, in questo modo si sta colmando un vuoto linguistico che ha colpito i baschi nel periodo in cui insegnare l’euskera era vietato. La fierezza dei baschi per la loro terra e la loro cultura è evidente, simboli identitari sono diffusi ovunque e in ogni contesto, dal calcio alla musica, dai souvenir ai media (esistono una rete tv e una serie di pubblicazioni in euskera). Per contrasto gli elementi che rimandano all’occupazione spagnola sono quasi inesistenti, le uniche bandiere lealiste le abbiamo viste sui pennoni della capitaneria di porto di Donostia e sul palazzo del governo di Gasteiz (Vitoria), mentre in alcuni municipi era presente sui pennoni la sola ikurrina.

Come già detto, questo non vuole essere un resoconto esaustivo, se volete notizie fresche da Heuskal Herria vi consigliamo il sito: Heuskal Herriaren Lagunak.

mercoledì 4 agosto 2010

Non c’è che un'unica soluzione: INDIPENDENZA

Quello a cui stiamo assistendo è un clamoroso caso di accanimento terapeutico, si sta tentando non di prolungare un’agonia, ma di resuscitare un cadavere in via di putrefazione. Quello dello stato italiano.

Per porre in atto questo patetico tentativo i governanti italioti (Lega in testa) stanno varando una manovra economica degna della Grecia, e cercano pure di farla passare come una passeggiata nel parco. “Non metteremo le mani nelle tasche dei cittadini” ci dicono, infatti ci penseranno i comuni e le regioni a fare il lavoro sporco e a pagare saranno sempre gli stessi: i lavoratori dipendenti, che vedranno aumentare l’addizionale irpef sui loro stipendi; studenti e pendolari, che vedranno aumentare il costo del trasporto pubblico; chi per lavoro usa auto e camion, che vedrà aumentare il pedaggio autostradale; le famiglie, che vedranno aumentare il costo di tutti i servizi, dal gas, alla, tassa sui rifiuti, all’energia elettrica. E tutto questo sarà inutile, perché, anche se l’orchestrina continua a suonare, il Titanic sta ormai affondando.
Non basterà il mantra continuo di Napolitano, che ripete “Unità d’italia” ogni due parole, non basterà l’ennesimo furto ai danni del popolo veneto e degli altri popoli italici, non basteranno giudici e carabinieri. Quando anche i più ottusi capiranno che la scelta sarà tra autodeterminazione e sprofondamento nulla potrà più fermare la giusta fine di questo stato iniquo e fallito.
Unità Popolare Veneta dovrà lavorare principalmente a due obiettivi di pari importanza: dare il suo contributo ad accellerare il processo di disfacimento dello stato italiano favorendo la presa di coscienza dell’Identità Nazionale Veneta nei ceti popolari e creare una Sinistra Indipendentista in grado di condizionare le politiche sociali del futuro Stato Veneto.
Impresa ardua, perché dovremo fare i conti con l’ottusità della sinistra tradizionale, con l’arroganza della destra nazionalista italiota e con la reazione delle strutture repressive del decadente stato italiano. Dalla nostra abbiamo la volontà di non lasciare i ceti popolari delle Venezie nelle mani di una sinistra italianista che ha fallito in ogni lotta in cui si è impegnata, nelle mani della destra populista della Lega, nelle mani di un liberismo selvaggio che attende come uno squalo la prossima fine della repubblica italiota.
Quando il gioco si fa duro…

Unità Popolare Veneta
Comitato Direttivo Provvisorio

martedì 3 agosto 2010

STATUTO DI UNITA' POPOLARE VENETA

UPV è un movimento politico-culturale che ha l’obiettivo di creare una sintesi tra ideali socialisti, difesa dell’Identità Nazionale Veneta e lotta per l’autodeterminazione dei Territori Veneti. Il nostro scopo è diffondere il Venetismo nella sinistra e la sinistra nel Venetismo, in modo da portare alla costituzione di una SINISTRA VENETA INDIPENDENTISTA E IDENTITARIA.


UPV auspica la costituzione di uno STATO REPUBBLICANO VENETO democratico e animato da ideali laici e progressisti, naturalmente separato dallo stato italiano.

UPV è disposta a collaborare con qualsiasi comitato popolare, movimento culturale, organizzazione sindacale o partito politico che si riconosca nella difesa dei diritti sociali (casa, lavoro, salute, istruzione, ambiente…) e riconosca la legittimità delle lotte per l’autodeterminazione del Popolo Veneto e per la difesa della sua identità, a patto che rifiuti ogni forma di razzismo, discriminazione e fascismo.

UPV non nasce come partito politico, nel caso lo diventasse non parteciperebbe alle elezioni politiche italiane, in quanto UPV non riconosce alcuna autorità al parlamento italiano.

UPV è favorevole ad una completa integrazione degli immigrati nel rispetto della cultura e delle tradizioni del POPOLO VENETO. Etnie diverse ma una sola cultura è l’unico modo per garantire la convivenza civile.