CHI SIAMO

UPV è un movimento politico-culturale che ha l’obiettivo di creare una sintesi tra ideali socialisti, difesa dell’Identità Nazionale Veneta e lotta per l’autodeterminazione dei Territori Veneti. Il nostro scopo è diffondere il Venetismo nella sinistra e la sinistra nel Venetismo, in modo da portare alla costituzione di una SINISTRA VENETA INDIPENDENTISTA E IDENTITARIA.

martedì 21 dicembre 2010

FINE IMPERO

Non è che ci voglia Nostradamus per leggere in ciò che è avvenuto il 14 dicembre l’ennesimo segno del declino di quello che dovrebbe essere uno dei principali stati europei. La giornata di martedì scorso può fungere da paradigma della situazione ita­liana, una situazione in cui non ci sono vincitori ma solo sconfitti, a parte la ‘piazza’. Per il resto ne sono usciti tutti con le ossa rotte: le istituzioni statali, i partiti politici, le sedicenti forze dell’ordine, l’Italia nel suo complesso.
Ma andiamo con ordine.
   1) Il parlamento.
Il 14 e nei giorni precedenti il teatrino, o meglio il cabaret, della politica italiota ha fatto vedere il peggio di se: un indecente mercimonio di parlamentari che saltavano da una parte all’altra degli schieramenti senza alcuna considerazione per chi li aveva eletti, una pantomima che ha fatto perdere a Montecitorio anche quel poco di credibi­lità che gli era rimasta. Ora sarà curioso vedere chi avrà il coraggio di legittimare ul­teriormente candidati che hanno dimostrato di sapersi vendere meglio di una mere­trice del porto di Amburgo…
  
2) I partiti.
Anche qui è una bella gara a chi si è fatto più male. Cominciamo col terzo polo, un’accozaglia demo-clerico-nonsisacosa che doveva essere la novità dell’anno e che invece ha dimostrato la saldezza di una ricottina fresca, con buona pace del parti­giano Fini.
Il cosidetto centrosinistra, tanto per cambiare, si è dimostrato di un’inconsistenza po­litica quasi penosa, andando al traino degli ex alleati del cavaliere e affidando a loro il merito di un’eventuale riuscita della spallata decisiva. Dei veri maestri dell’autolesionismo! Ma, come diceva Al Pacino in un famoso film, che te lo dico a fare…
E veniamo a Berlusconi, che ha vinto con un margine che potremmo definire ‘pro­diano’, con tutto ciò che ne consegue per il prosieguo della legislatura. Come se non bastasse adesso il Silvio nazionale si troverà con un tot di parlamentari pronti a far la fila per batter cassa. Hanno iniziato i deputati della Sudtirol Volkspartei, gli unici a non vendersi per vil denaro ma per più autonomia alla loro terra, infatti prossima­mente la Provincia Autonoma di Bolzano gestirà la parte di Parco dello Stelvio si­tuata in territorio tirolese e gli agenti della polizia di stato che svolgeranno la loro at­tività in Sud Tirolo saranno quasi tutti di lingua tedesca, più altre cosucce tipo l’obbligo di conoscere il tedesco per gli impiegati dei tribunali e di altri uffici statali (‘Prima il Veneto!’ vero Zaia?). Gli unici a fare gli ubbidienti cagnolini saranno i so­liti polentoni padani, coi veneti in prima linea…
   3) Polizia, Carabinieri e Guardia di finanza.
Se da un lato le istituzioni repressive dello stato sono riuscite a difendere il fortino del potere, dall’altro hanno visto il centro di Roma messo a ferro e fuoco davanti ai loro occhi, rimediandoci pure una manica di legnate degna di Asterix e dei suoi galli (pa­dani?!?). Per recuperare un minimo di autostima le sedicenti forze dell’ordine si sono poi date al loro sport preferito, ovvero il sempre in voga ‘arresto chi capita’. Il pro­blema è che le piazze non sono stadi e in queste occasioni non basta la parola di un esimio pubblico ufficiale per tener dentro una persona. Risultato: su ventitre arrestati ventidue sono stati rilasciati per mancanza di indizi. Quando si dice ‘una giornata storta’…
   4) Il presidente della repubblica.
Chi l’ha visto? Napolitano è letteralmente sparito dagli schermi e dai giornali. Dopo tutto bisogna capirlo, da settimane invoca moderazione e rispetto per le istituzioni e il prodotto di tutti i suoi sforzi è stato questo immane bordello. Se non fosse il capo di uno stato che occupa le nostre terre potrebbe fare anche tenerezza…
   5) L’italia.
Ennesima ricca figura di cacca internazionale per lo stato italiano. Dov’è la novità?
E veniamo all’unica vincitrice: la Piazza!
Una piazza riempita da terremotati aquilani, lavoratori precari, abitanti delle periferie napoletane sommersi dai rifiuti della loro capitale, studenti che si avviano a perdere il diritto allo studio, operai che si avviano a perdere ogni diritto. Una piazza riempita da tutti quelli che si sentono abbandonati, raggirati, stuprati dallo stato italiano, una piazza che ha deciso da sola di presentare il conto. Guardatevi le immagini… altro che pochi gruppi di facinorosi, altro che black block, altro che professionisti della violenza! Quella di martedì era una moltitudine di gente con le palle girate, senza re­ferenti a palazzo, proveniente da ogni angolo dello stivale e determinata a dire basta!
Per concludere, se ciò che è successo a Roma non è stato la ‘Presa della Bastiglia’, si è trattato comunque dell’ennesimo segnale, le nere nuvole di fumo che si alzavano in cielo dai blindati in fiamme hanno disegnato oscuri presagi per i manovratori del Ti­tanic-italia: i giorni della repubblica delle banane stanno finendo.

mercoledì 24 novembre 2010

Unità Popolare aderisce alla manifestazione del 4 dicembre in difesa delle risorse collettive.


Viviamo nell’epoca della privatizzazione ad ogni costo, in­seguendo il grande Incubo Americano l’establishment poli­tico-finanziario italiota sta facendo a pezzi la società sven­dendone parti sempre più importanti ai privati. Noi di Unità Popolare Veneta, pur essendo favorevoli alla libertà d’impresa (naturalmente vincolata al rispetto dei diritti e dell’ambiente), riteniamo che ci siano delle risorse inalie­nabili che ap­partengono alla Comunità Veneta: ACQUA, ENERGIA, SANITÀ, ISTRUZIONE, STATO SOCIALE devono re­stare pubbliche ed essere amministrate localmente dai rap­presentanti dei cittadini.
Affidare le risorse collettive ai privati significa vendere il futuro di tutti i veneti

NO ALLA PRIVATIZZAZIONE DEL TERRITO­RIO

NO ALLA SVENDITA DEI DIRITTI

NO AL NUCLEARE IN VENETO

 

IL 4 DICEMBRE MANIFESTIAMO A VENEZIA IN DIFESA DELL'ACQUA PUBBLICA


Unità Popolare Veneta
CDP

 

giovedì 28 ottobre 2010

SOCIALISMO, IDENTITA’ NAZIONALE E AUTODETERMINAZIONE? SI PUO' FARE!

Una nazione è un complesso di persone che, avendo in comune caratteristiche quali la storia, la lingua, il territorio, la cultura, si identifica in una comune identità a cui essi sentono di appartenere, legati da un sentimento di solidarietà. È questa co­scienza di un'identità condivisa, diffusa a livello di massa, che rende una comunità etnica, culturale, politica una nazione.

Potrebbe sembrare un’eresia sentire un movimento di ispirazione socialista parlare di ‘identità nazionale’, almeno a questo ci ha abituato la retorica universalista della sini­stra tradizionale, ma proprio questa retorica ha contribuito ad affossare chi se ne fa­ceva paladino. Infatti uno dei più gravi errori del comunismo fu quello di voler im­porre a tutti i popoli lo stesso modello sociale, senza tener conto delle diverse culture e storie dei vari territori. Secondo noi di Unità Popolare Veneta, invece, è necessario tener conto dell’identità e delle particolarità delle diverse nazioni, perché inevitabil­mente una forma di socialismo che può essere funzionale nei paesi dell’Est Europa troverebbe terreno meno fertile nel mondo anglosassone, così come un modello ap­plicabile in Estremo Oriente verrebbe quasi sicuramente rifiutato nei paesi latini.
Secondo noi non c’è nulla di eretico nel difendere la propria identità e nel basarsi su questa per creare un proprio modello di socialismo, questo percorso è stato intrapreso da altri movimenti prima del nostro in tutto il mondo, basti pensare allo zapatismo messicano e al bolivarismo sud americano oppure, restando in europa, all’indipendentismo Basco, catalano e corso, in cui sono presenti fazioni con una forte connotazione a sinistra.
Per quanto riguarda i nostri territori, riteniamo che il modello più prossimo alla nostra cultura sia il socialismo libertario, che vede come pilastri la difesa della libertà in­dividuale e il perseguimento della giustizia sociale. La libertà individuale dovrebbe ri­guardare tutti gli aspetti della vita sociale della persona, dalla religione all’orientamento sessuale, dalla libertà di espressione a quella di impresa. Infatti rite­niamo giusto che chiunque abbia la possibilità di utilizzare le proprie conoscenze, competenze e capacità per ottenere un riscontro economico e professionale. Ma que­sta libertà và coniugata con la giustizia sociale, ovvero la difesa dei diritti civili, il ri­spetto dell’ambiente e la tutela delle risorse collettive (sanità, istruzione, acqua, ener­gia, etc.). Giustizia sociale significa anche costruire uno stato equo, con un forte welfare state che consenta a tutti i cittadini di vivere in condizioni dignitose.
Il socialismo libertario persegue anche l’autogestione dei territori e il decentramento dei poteri, fattore che si potrebbe adattare alla vocazione ‘comunale’ del Veneto, dove l’autonomia delle varie municipalità viene vista con molto favore.
La lotta per l’autodeterminazione si inserisce giocoforza nel percorso verso la crea­zione di uno Stato Veneto basato su giustizia, libertà e autonomia, infatti il morente pachiderma italico si sta rivelando in tutta la sua iniquità e arroganza, ponendosi come una barriera tra i popoli dello stivale e il loro progresso sociale ed umano. I bu­rocrati di Roma, le loro filiali periferiche e le loro clientele stanno saccheggiando ciò che resta di quello che era la repubblica italiana nell’inutile tentativo di mantenere lo status quo, ma il baraccone è talmente marcio che tra non molto basterà un calcio alla porta per far crollare tutta la casa e il futuro sarà inevitabilmente l’autogestione dei territori. Gli stati sovranazionali divente­ranno velocemente parte della storia passata e ogni nazione dovra trovare la propria via al socialismo.
In conclusione, la sintesi tra applicazione di un modello socialista, la difesa dell’identità veneta e la lotta per l’autodeterminazione delle Venezie non solo è pos­sibile, ma è anche auspicabile, soprattutto nella prospettiva di un’Europa dei popoli liberata dagli elefantiaci e obsoleti stati sovranazionali e con l’Unione Europea nel ruolo di coordinatrice tra gli stati-nazione che ne faranno parte. 

Unità Popolare Veneta
CDP     



giovedì 7 ottobre 2010

Chi ha paura delle parole

Il collaborazionismo è un fenomeno sociale e politico connesso alle vicende di go­verno di un paese occupato militarmente da una potenza straniera, che vi organizza una classe dirigente totalmente asservita ai propri interessi.
Esso consiste nell’organizzazione di una struttura di controllo sociale, in modo da creare un collegamento tra la potenza occupante e la popolazione assogettata. Tale struttura di controllo sociale è composta da elementi etnici locali, e si articola se­condo uno schema piramidale che riproduce quello tipico di un normale apparato statale, dotato quindi di propria burocrazia e autonome regole di funzionamento, e che va da un vertice fino ad una base operativa costituita da elementi inseriti nelle va­rie classi sociali con funzione spionistica e delatoria, che assicurano il controllo e la repressione dei moti eversivi che possono turbare l’ordine imposto dagli occupanti. (cit. Wikipedia)

In queste poche righe è riproposta la funzione del governo regionale veneto e dei partiti italiani che vi operano, comprese le loro propaggini cultural-sindacali. Che i referenti di questi partiti prendano ordini da Roma o Milano conta poco, l’importante è mantenere lo status quo, che vede il Popolo Veneto nelle vesti di mansueta mucca da latte dello stato italiano. In questa ottica si inquadra la continua opera di demoli­zione dell’identità storica, culturale, linguistica e territoriale dei veneti, piccoli e grandi oltraggi che la nostra gente continua a subire da decenni, indipendentemente dallo schieramento politico che detiene la maggioranza. Si va dalle polemiche sull’esposizione del gonfalone di San Marco in piazze e stadi, alla legge varata dal morente governo Galan, che impegna il Veneto a sostenere le politiche nucleari dello stato, con evi­denti ricadute sulla scelta dei siti per le nuove centrali.
L’ultima impresa dei collaborazionisti veneti ha però tutt’altro significato, il voto contrario da parte della commissione cultura del Consiglio Regionale alla proposta presentata da Mariangelo Foggiato di inserire anche il Veneto fra le lingue tutelate dallo stato italano è un attacco diretto a uno dei pilastri portanti di ogni nazione, in­fatti l’effettiva esistenza di una nazione si basa su di una lingua comune, un territorio di insediamento ben definito e una comune identità storica e culturale. Basti pensare all’importanza che la lingua ha per baschi, catalani, sardi e corsi, nella loro lotta per l’autodeterminazione. Ai curdi il governo della Turchia, aspirante ‘europea’, ha addi­rittura vietato l’uso della lingua in riunioni pubbliche, divieto vigente anche per ba­schi e catalani durante il franchismo. Questo dovrebbe dare l’idea della gravità di questo sabotaggio.
Ma leggendo attentamente il voto si capisce che ci sono due moventi per questo squallido comportamento: da una parte il furore italianista di un centrosinistra che ha scatenato una caccia alle streghe nei confronti di ogni richiamo all’identità veneta, dalle bandiere, alle feste popolari, alla lingua. Dall’altra una prova di forza dei berlu­scones, i quali han fatto capire allo ‘yes man’ Zaia che senza di loro non si governa. Una prova di forza giocata su uno dei punti di riferimento della nostra terra, e que­sto indica il grado di attenzione degli azzurri (mai nome fu più azzeccato) nei con­fronti della nostra gente.
Ma, se fino ad ora il popolo bestemmiava al cielo contro la figura generica del ‘poli­ticante’, in questo caso ci sono i nomi dei colpevoli di questo scempio:

Contrari: Laroni PdL, Franchetto IdV, Fasoli PD
Astenuti: Causin PD, Teso PdL, Tesserin PdL, Bond PdL, Sinigallia PD
(in questa commissione l’astensione vale come voto contrario)

Da oggi chi collabora con lo stato italiano contro le aspirazioni dei veneti alla libertà e alla giustizia sociale avrà un nome, e saprà il popolo come considerare questa gente.

UNITA' POPOLARE VENETA
CDV

martedì 21 settembre 2010

Il Popolo Veneto oggi

L'autogoverno del popolo veneto si attua in forme rispondenti alle caratteristi­che e tradizioni della sua storia.

Questo è un brano dell’articolo 2 dello Statuto Veneto, redatto nel lontano 1971, in cui viene esplicitamente citato il Popolo Veneto. Probabilmente se lo statuto fosse stato scritto negli ultimi anni le parole ‘Autogoverno’ e soprattutto ‘Popolo Veneto’ avrebbero scatenato un uragano di accuse, recriminazioni e isteriche prese di posi­zione in difesa di un’inesistente unità nazionale. Invece, quasi quarant’anni fa, la bozza venne accettata senza battere ciglio dal parlamento romano, che in questo modo certificò ‘costituzionalmente’ l’esistenza di un popolo chiamato ‘veneti’ for­malmente, oltre che di fatto, diverso da quel ‘popolo italiano’ citato da tutti gli altri statuti, eccetto (c’era da scommeterci!) quello sardo.
Ma cos’è oggi il Popolo Veneto e cosa significa per Unità Popolare Veneta questo termine? Per molti bisogna fare riferimento alle origini delle persone che vivono nel nostro territorio, una sorta di Diritto di sangue fuori tempo massimo, altri confondono l’appartenere a un popolo con la semplice cittadinanza, altri ancora vorrebbero esten­dere il concetto a tutti i residenti, anche se temporanei, applicando una forma distorta del Diritto di suolo.
Noi abbiamo una concezione diversa di Popolo Veneto. Non prendiamo minima­mente in considerazione elucubrazioni mengeliane su genotipi e fenotipi, aberranti dal punto di vista umano e assurde dal punto di vista logistico, in quanto il Veneto non è un’isola e nemmeno una regione sperduta nella steppa, ma un territorio di pas­saggio, di cultura e di mercati nel bel mezzo dell’Europa, quindi esposto a contami­nazioni di ogni genere. Le uscite da parodia del Ku Kux Klan le lasciamo a ometti di verde bardati.
Anche la confusione tra Popolo Veneto e cittadini italiani non ci appartiene, perchè non ci riconosciamo nello stato italiano e la cittadinanza di un’entità occupante per noi non significa assolutamente nulla. Allo stesso modo un’estensione abnorme del Diritto di suolo annullerebbe l’idea stessa di popolo, in quanto la mera residenza con­sentirebbe di farne parte.
Per UPV far parte del Popolo Veneto significa identificarsi con la cultura, i costumi e la lingua dei veneti. Per fare ciò non occorre il pedigree padano-celtico, la cittadi­nanza italiota o la pelle candida, basta la giusta dose di rispetto per la comunità, per il territorio e per se stessi, basta raccogliere l’eredità di tremila anni di storia e farla propria. Ci sono molti invertebrati dai cognomi venetissimi che passano le giornate a riempirsi il naso di polverine magiche e ad evitare qualsiasi tipo di fatica manuale ed intellettiva, altri che in nome del profitto sfruttano e saccheggiano risorse umane e ambientali del territorio, questi sono molto meno veneti dei vari Azim, Nikolaj, Jose e Salvatore che lavorano o studiano sodo per costruirsi un futuro nella nostra terra e contribuiscono allo stesso tempo a farla crescere socialmente ed umanamente.
Questo è il nostro concetto di Popolo Veneto.


"Ogni collettività umana avente un riferimento comune ad una propria cultura e una propria tradizione storica, sviluppate su un territorio geograficamente determinato, costituisce un popolo.
Ogni popolo ha il diritto di identificarsi in quanto tale.
Ogni popolo ha il diritto ad affermarsi come nazione."

Dichiarazione Universale dei Diritti Collettivi dei Popoli
(CONSEU – Barcellona, 27 maggio 1990)

mercoledì 15 settembre 2010

Il palio delle bandiere

Anche quest'anno la nostra capitale è stata oltraggiata dal raduno annuale della Lega Nord, col suo solito mix di paganesimo a basso costo, ignoranza belluina e promesse scritte sulla sabbia. In questa occasiose si sono mossi anche dei comitati "spontanei" di protesta che hanno distribuito centinaia di bandiere tricolori a chiunque ne facesse richiesta, certo che per essere spontanei questi comitati erano ben organizzati e ancora meglio foraggiati (domanda: dov'erano negli ultimi 14 anni?!?).
La gita in laguna dei padani si è così trasformata in un palio delle bandiere degno dei migliori carnevali, stracci verdi contro stracci tricolori, simboli di una nazione che non esiste sventolati da gente ingenua (per voler essere buoni) contro simboli di uno stato occupante sventolati da gente ottusa (per voler essere magnanimi).
Certo che legaioli e centrosinistrati un risultato l'hanno ottenuto di sicuro: l'italia è stata veramente unità, infatti, anche se solo per un giorno, Venezia è stata uguale a Napoli...
                                        

                     Na strasa...                                                                      N'altra strasa!      

lunedì 13 settembre 2010

DISPONIBILE ANCHE IL SITO!!!

Dalla scorsa settimana una parte dell'attività del blog si è trasferita al nuovo sito di UPV all'indirizzo: unita.tk

mercoledì 1 settembre 2010

UNITA’ POPOLARE ALLA FESTA DEI VENETI

Domenica 5 settembre Unità Popolare Veneta sarà presente con un gazebo alla Festa dei Veneti di Cittadella. Per l’occasione saranno raccolte le firme contro le celebrazioni del 150° anniversario dell’unità d’italia, infatti riteniamo che i veneti non abbiano nulla da festeggiare, inoltre, con centinaia di migliaia di lavoratori in cassa integrazione e moltissime famiglie letteralmente sul lastrico, lo stato italiota non trova di meglio che spendere centinaia di milioni per celebrare il nulla. Dov’è infatti quest’unità tanto vagheggiata? Probabilmente solo nei sogni dei nazionalisti e dell’establishment tricolore…

Oltre alla raccolta di firme il gazebo avrà anche un ruolo informativo sul nostro movimento (che, lo ripetiamo, non è partito) e saranno a disposizione i primi adesivi e le prime magliette, che verranno dati in cambio di un’offerta libera.

Componenti del Comitato Direttivo Provvisorio saranno presenti anche venerdì e sabato.

Pertanto l’appuntamento è a Cittadella per questo fine settimana!












Per saperne di più sulla Festa dei Veneti

lunedì 30 agosto 2010

DIFFONDERE INDIPENDENZA

Soprattutto negli ultimi anni si è fatto un gran parlare di autodeterminazione, autonomismo, indipendentismo (il federalismo nemmeno lo calcolo perchè non ci sarà mai), il problema è che questi argomenti coinvolgono una minoranza di veneti, in crescita e rumorosa, ma pur sempre una minoranza. Purtroppo 150 anni di italia hanno creato un popolo apatico e rassegnato, se non addirittura complice dei propri vessatori, una sorta di 'Sindrome di Stoccolma' applicata a una intera nazione (quella Veneta, naturalmente).

E' triste sentire ragazzi di 25-30 anni che ti dicono "Così vanno le cose, bisogna mettersela via", ancora più triste è vedere certi personaggi la cui massima aspirazione è quella di non battere più lo scontrino fiscale. Se i primi sono rassegnati all'inferno, il paradiso dei secondi è a dieci centimetri da terra.
A queste persone bisogna far ritrovare l'orgoglio e la dignità, la capacità di sognare e la volontà di combattere per realizzare i propri sogni, i veneti vanno motivati e indirizzati sulla via della LIBERTA', quella vera, che solo la fine del colonialismo italiano può dare.
Ci sono poi gli italianisti, quelli per interesse e quelli per abitudine. Dei primi fanno parte quasi tutti i politici degli attuali partiti, che sullo status quo hanno fondato e costruito le loro fortune. Gente che per un briciolo di ben remunerato potere ha tradito la propria terra e la propria gente, diventando politicamente il cane da guardia dello stato. A questi personaggi non auguriamoo di finire appesi per i piedi a un distributore di benzina (non che ci dispiacerebbe...), ci basterebbe essere presenti quando non conteranno più un cazzo e dovranno percorrere in tutta fretta la via per Hammamet.
Gli altri italianisti sono frutto di decenni di retorica patriottarda somministrata quotidianamente in dosi da cavallo da scuola, politica e media. Nonostante siano figli di una terra bistrattata, venduta (Istria e Dalmazia) e depredata dallo stato italiano, appena sentono le prime note di 'Fardelli d'italia' scattano sull'attenti e, con mano sul cuore e occhio umido, cantano a voce alta tutta la tiritera. Solitamente si tratta del tipico nazionalismo cialtrone di quelli che non vedono l'ora che la nazionale italiana di calcio vinca qualcosa per fiondarsi in strada a strombazzare col loro bravo tricolore fuori dal finestrino. Più che un sentimento è un'abitudine e per questo più deleteria, perchè il sentimento è quasi sempre motivato e quando non ci sono più le motivazioni il sentimento si affievolisce fino a sparire, le abitudini invece sono dure a morire.
Gli italianisti per abitudine sono più difficili da convincere rispetto agli interessati, perchè potete star sicuri che i secondi quando i loro interessi non coincideranno più con quelli dell'italia diventeranno i più fervidi venetisti. Gli abitudinari invece vivrebbero ogni cambiamento come un attentato alle loro piccole patetiche sicurezze.
Questa purtroppo è la situazione, la maggioranza dei veneti è costituita da apatici, rassegnati, opportunisti e traviati. Portare il venetismo tra i veneti è il primo passo verso l'autodeterminazione, liberare il popolo da 150 anni di propaganda e abbruttimento è una tappa inevitabile del cammino verso l'indipendenza dei nostri territori.

giovedì 26 agosto 2010

EUSKADI 2010

La Nazione Basca, ovvero Heuskal Herria-Euskadi, è da sempre un punto di riferimento per la maggiorparte degli indipendentisti europei e non solo. La durezza dello scontro con lo stato post(?)-franchista spagnolo, la determinazione del popolo basco nel difendere la propria identità e la riuscita di una non facile sintesi tra territorialismo e socialismo operata dalla sinistra ‘abertzale’ (patriottica), hanno dato alla ‘Questione Basca’ un’aurea mitica pari a quella della ‘Questione Nordirlandese’ e fatto inevitabilmente salire, anno dopo anno, l’interesse verso ciò che succede in questa parte d’Europa.
Negli ultimi anni le notizie da Euskal Herria arrivano col contagocce e quasi sempre a senso unico, dando l’idea di una raggiunta normalizzazione, salvo poi fare i conti con qualche ‘botto’ da parte di E.T.A., organizzazione data per morta almeno una mezza dozzina di volte negli ultimi 15 anni. La messa fuorilegge dei partiti della sinistra indipendentista, in base a una legge dello stato spagnolo che fa carta straccia della libertà di espressione, e di ogni organizzazione che sia collegabile all’indipendentismo radicale è stata fatta passare come la pietra tombale su ogni rivendicazione separatista. Ondate di arresti in base a reati d’opinione sono avvenuti nel silenzio più totale dei maggiori organi di informazione internazionali (soprattutto italioti). Per finire, la vittoria alle elezioni regionali di una alleanza spuria tra popolari e socialisti (dovuta principalmente alla sopracitata messa al bando della sinistra e al relativo astensionismo) è sembrata la ciliegina sulla torta di questa ‘normalizzazione’ manu militari.
Recentemente abbiamo avuto l’occasione di passare alcuni giorni nelle province basche dell’Hegoalde (il sud attualmente sotto occupazione spagnola), abbiamo così visto di persona cosa succede da quelle parti. Naturalmente non si tratta di un resoconto esaustivo e completo della complicata situazione basca, ma di ciò che abbiamo toccato con mano nel nostro breve viaggio.
Tanto per cominciare, i sentimenti indipendentisti dei baschi non sono stati sepolti ne dall’onda della repressione selvaggia, ne dalla campagna spagnolizzatrice dei media. Soprattutto nei quartieri centrali delle città si vedono ikurrinas (la bandiera nazionale basca) appese sia fuori dai locali pubblici che dalle finestre delle case, molti anche gli stendardi che chiedono il trasferimento dei prigionieri politici baschi nelle prigioni locali (alcuni sono reclusi a più di mille chilometri dalla loro patria!) e quasi in ogni bar ci sono le foto dei prigionieri politici della zona rinchiusi nelle carceri spagnole. Dopo la chiusura delle sedi politiche di Batasuna (il principale partito della sinistra abertzale), sono proprio le taverne i nuovi circoli indipendentisti, in molti locali sono in vendita materiali propagandistici delle poche organizzazioni ancora legali e l’aria che si respira odora di resistenza attiva. Un’altra bufala mass-mediatica riguarda il presunto isolamento dei movimenti radicali, in realtà la solidarietà nei confronti dei movimenti patriottici e dei loro prigionieri è molto diffusa tra il popolo. Siamo stati presenti alle feste popolari di Bilbo e Donostia (i nomi baschi di Bilbao e San Sebastian) e quasi in ogni stand c’erano evidenti riferimenti ai partiti messi fuorilegge, in alcuni casi sui banconi erano attaccati adesivi inneggianti a E.T.A. e quasi ovunque erano presenti le foto dei prigionieri politici, che comparivano anche su maglie e foulard indossati da famiglie intere, mentre sui muri di molti palazzi erano stati affissi striscioni inneggianti all’indipendenza. Se questo è isolamento!
Sul fronte delle attività politiche abbiamo notato una notevole vivacità, il giorno in cui siamo arrivati a Donostia c’è stata una manifestazione non autorizzata chiamata ‘L’abbordaggio di Donostia’, circa tremila manifestanti sono arrivati a bordo di decine di barche ‘pirata’ nel vecchio porto della città per poi sfilare nelle calli del centro storico chiedendo il diritto all’autodeterminazione, in serata la maggiorparte dei locali pubblici esibivano all’entrata bandiere nere da corsaro in segno di appoggio. Qualche giorno prima un’altra manifestazione era sfociata in pesanti scontri con la polizia autonoma (da quelle parti la Guardia Civil e la polizia di stato se ne stanno chiuse nelle loro caserme) e la sera della nostra partenza era prevista un’altra manifestazione ‘abertzale’nella via principale della città. Il tutto in una settimana!
Anche culturalmente i baschi non cedono, il bilinguismo delle città principali diventa monolinguismo in provincia, dove tutto è scritto solamente in euskera (la lingua basca). Oltre alle persone di una certa età anche molti giovani stanno imparando a esprimersi in euskera, grazie ad un insegnamento della lingua sempre più capillare, in questo modo si sta colmando un vuoto linguistico che ha colpito i baschi nel periodo in cui insegnare l’euskera era vietato. La fierezza dei baschi per la loro terra e la loro cultura è evidente, simboli identitari sono diffusi ovunque e in ogni contesto, dal calcio alla musica, dai souvenir ai media (esistono una rete tv e una serie di pubblicazioni in euskera). Per contrasto gli elementi che rimandano all’occupazione spagnola sono quasi inesistenti, le uniche bandiere lealiste le abbiamo viste sui pennoni della capitaneria di porto di Donostia e sul palazzo del governo di Gasteiz (Vitoria), mentre in alcuni municipi era presente sui pennoni la sola ikurrina.

Come già detto, questo non vuole essere un resoconto esaustivo, se volete notizie fresche da Heuskal Herria vi consigliamo il sito: Heuskal Herriaren Lagunak.

mercoledì 4 agosto 2010

Non c’è che un'unica soluzione: INDIPENDENZA

Quello a cui stiamo assistendo è un clamoroso caso di accanimento terapeutico, si sta tentando non di prolungare un’agonia, ma di resuscitare un cadavere in via di putrefazione. Quello dello stato italiano.

Per porre in atto questo patetico tentativo i governanti italioti (Lega in testa) stanno varando una manovra economica degna della Grecia, e cercano pure di farla passare come una passeggiata nel parco. “Non metteremo le mani nelle tasche dei cittadini” ci dicono, infatti ci penseranno i comuni e le regioni a fare il lavoro sporco e a pagare saranno sempre gli stessi: i lavoratori dipendenti, che vedranno aumentare l’addizionale irpef sui loro stipendi; studenti e pendolari, che vedranno aumentare il costo del trasporto pubblico; chi per lavoro usa auto e camion, che vedrà aumentare il pedaggio autostradale; le famiglie, che vedranno aumentare il costo di tutti i servizi, dal gas, alla, tassa sui rifiuti, all’energia elettrica. E tutto questo sarà inutile, perché, anche se l’orchestrina continua a suonare, il Titanic sta ormai affondando.
Non basterà il mantra continuo di Napolitano, che ripete “Unità d’italia” ogni due parole, non basterà l’ennesimo furto ai danni del popolo veneto e degli altri popoli italici, non basteranno giudici e carabinieri. Quando anche i più ottusi capiranno che la scelta sarà tra autodeterminazione e sprofondamento nulla potrà più fermare la giusta fine di questo stato iniquo e fallito.
Unità Popolare Veneta dovrà lavorare principalmente a due obiettivi di pari importanza: dare il suo contributo ad accellerare il processo di disfacimento dello stato italiano favorendo la presa di coscienza dell’Identità Nazionale Veneta nei ceti popolari e creare una Sinistra Indipendentista in grado di condizionare le politiche sociali del futuro Stato Veneto.
Impresa ardua, perché dovremo fare i conti con l’ottusità della sinistra tradizionale, con l’arroganza della destra nazionalista italiota e con la reazione delle strutture repressive del decadente stato italiano. Dalla nostra abbiamo la volontà di non lasciare i ceti popolari delle Venezie nelle mani di una sinistra italianista che ha fallito in ogni lotta in cui si è impegnata, nelle mani della destra populista della Lega, nelle mani di un liberismo selvaggio che attende come uno squalo la prossima fine della repubblica italiota.
Quando il gioco si fa duro…

Unità Popolare Veneta
Comitato Direttivo Provvisorio

martedì 3 agosto 2010

STATUTO DI UNITA' POPOLARE VENETA

UPV è un movimento politico-culturale che ha l’obiettivo di creare una sintesi tra ideali socialisti, difesa dell’Identità Nazionale Veneta e lotta per l’autodeterminazione dei Territori Veneti. Il nostro scopo è diffondere il Venetismo nella sinistra e la sinistra nel Venetismo, in modo da portare alla costituzione di una SINISTRA VENETA INDIPENDENTISTA E IDENTITARIA.


UPV auspica la costituzione di uno STATO REPUBBLICANO VENETO democratico e animato da ideali laici e progressisti, naturalmente separato dallo stato italiano.

UPV è disposta a collaborare con qualsiasi comitato popolare, movimento culturale, organizzazione sindacale o partito politico che si riconosca nella difesa dei diritti sociali (casa, lavoro, salute, istruzione, ambiente…) e riconosca la legittimità delle lotte per l’autodeterminazione del Popolo Veneto e per la difesa della sua identità, a patto che rifiuti ogni forma di razzismo, discriminazione e fascismo.

UPV non nasce come partito politico, nel caso lo diventasse non parteciperebbe alle elezioni politiche italiane, in quanto UPV non riconosce alcuna autorità al parlamento italiano.

UPV è favorevole ad una completa integrazione degli immigrati nel rispetto della cultura e delle tradizioni del POPOLO VENETO. Etnie diverse ma una sola cultura è l’unico modo per garantire la convivenza civile.